Cieli capovolti

Una linoleografia di Stefania Bressani è abbandonata su una panchina del parco di tiertgarten a Berlino

In questo intervento pensato per la città di Berlino ho ideato una serie di stampe d’arte a doppio colore realizzate con la tecnica del linoleum.
Ne sono stati stampati 18 esemplari su carta giapponese simili con fondo variabile tra verde, giallo e rosso.
Ad oggi ne sono stati donati 8.

linoleografia in verde e nero

Il soggetto è una composizione di citazioni e biografia personale. La figura è ovviamente un riferimento all’angelo Bruno Ganz ne Il cielo sopra Berlino. La costruzione su cui appoggia è composta da un poliedro e fa riferimento ad un mio precedente lavoro (vi immaginate quanto sarebbe bello realizzarlo in ceramica o cemento… potrebbe essere uno dei prossimi cicli di doni! Yai!)

poliedro blu con sopra un omino in miniatura
pic by Giorgio Ferri

Il lato alto del solido è spezzato ed ha la stessa forma del Gedächtniskirche: la vecchia chiesa bombardata di Kaiser Wilhelm o “il dente cavo” come lo chiamano i residenti, simbolo di Berlino ovest e di una pace ritrovata.
E’ proprio la chiesa che compare all’inizio del film e da cui l’angelo Damiel osserva la città.
Ma che cosa cerca di scrutare il mio Damiel? Guarda un cielo capovolto, guarda la contraddizione dei miei pensieri.

Chissà se al Damiel di oggi, a 30 anni dall’uscita del film e dalla sua trasformazione ad uomo comune non sia tornata la nostalgia del cielo…
Chissà se noi umani sappiamo ancora sognare ed immaginare com’è tuffarsi e nuotare tra le stelle…
Chissà se tutto è stabile o potrebbe essere di nuovo capovolto.

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Doni d’arte nepalesi

Dono d'arte appoggiato nell'angolo di una stanza contenente un mulino di preghiera a Kathmandu

Il mio primo e unico biglietto da visita (… mai farsi prendere la mano e stamparne mille!) mi vede impegnata in un abbandono accompagnata dalla frase “la bellezza può cambiare il mondo”.

Si può davvero cambiare il mondo con un dono d’arte?

Penso di no, ma credo che si possa colpire il cuore delle persone che hanno la sensibilità di cogliere questo gesto.

L’idea dei doni d’arte rimbalzava nella mia testa da molto tempo ma solo con l’occasione del viaggio in Nepal nell’estate del 2011 mi sono resa conto che non potevo perdere un’occasione del genere per concretizzare questo spunto creativo.

Era un periodo in cui la pittura non mi soddisfaceva più: non riuscivo a coniugare la bellezza esteriore di un quadro ben fatto con il valore forte del messaggio intrinseco all’opera.

Cercavo un motivo ispiratore che coniugasse il mio amore per l’arte contemporanea, la riconoscibilità – ma non ripetitività- dell’agire di un artista e la mia naturale empatia per gli altri.
Volevo creare opere che generassero un cambiamento positivo nello sguardo di chi le osserva: produrre una specie di abbraccio visivo e cura dell’anima.

La ricerca di un gesto romantico (nel senso in cui lo intendevano Baudelaire e gli altri eh!) mi ha portato a chiedermi se abban-donare pezzi unici come le opere d’arte fosse una pratica ancora più impavida di quella che stava ormai diventando un gesto conosciuto quale l’abbandono dei libri.
Ecco quindi il gesto dell’abban-dono: il mio punto d’incontro tra significato ed estetica, quel pensiero da cui è nata questa avventura dei doni d’arte.

Il buonsenso vorrebbe che i giorni prima di un viaggio così importante andrebbero dedicati a perfezionare il proprio bagaglio, ad apprendere cose su quel luogo lontano, a conoscere usi e costumi di un popolo così diverso dalla nostra cultura.

Io però ero rapita da questa idea folle e quindi mi tuffai nella pittura “matta e disperatissima” di undici quadri su tavola grandi 30cm x 30cm. Rappresentavano tutti semplici paesaggi di quelli che qualche anno prima dipingevo per finanziare le mie vacanze in campeggio tra le capitali europee da spiantata studentessa di Belle Arti.

Non so perchè scelsi quei soggetti, simbolicamente potrei dire che rappresentavano un ponte tra l’artista che ero stata fino ad allora e quella che desideravo essere. 
Più semplicemente vi confesso che dipinsi radure, alberi solitari e prati perchè la bellezza della natura è un messaggio universale e pensai che fosse un soggetto rispettoso di qualsiasi religione: un fattore cui tener conto quando ci si reca in un paese strabordante di spiritualità come il Nepal.

Sono partita per Kathmandu con uno zaino carico di vestiti, scarponi pesanti e 11 quadrati di legno colorato, carichi di speranze artistiche.

Mi sono messa in viaggio intraprendendo una strada tutta in salita rispetto a quella dell’arte figurativa, una via avventurosa per il pensiero che negli anni mi ha sempre reso felice ed è tutt’oggi generatrice di nuove sfide e traguardi che sono in realtà emozionantissime idee.

PS. In questo viaggio 3 degli 11 doni d’arte sono stati consegnati tra le mani di persone speciali. Quei quadri sono stati considerati un sigillo a questi favolosi incontri e non li vedrete catalogati.
Le altre opere sono invece a tutti gli effetti il primo esperimento di “doni d’arte”. 

eccoli qua

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Doni d’arte alla Biennale di Venezia

dono d'arte in quadro abbandonato di fronte ad una barca

azione performativa
2013

IL PROGETTO

Il lavoro nasce dalla riflessione sul rapporto tra fruitore e opera d’Arte contemporanea. La Biennale di Venezia, complice la città in cui essa si svolge, ha sempre rappresentato per me uno spazio carico di significati. Simbolicamente incarna il santuario in cui lo spettatore-pellegrino ha la possibilità di dialogare con l’Arte di oggi. E’ uno dei luoghi in cui, passeggiando tra i padiglioni, si ha la possibilità di celebrare consacrazioni di giganti e battesimi di astri nascenti. Rappresenta per me un momento di confronto diretto con opere così giovani da non avere ancora significati pienamente codificati. E’ un luogo in cui concedo alla testa del tempo senza nozionismi ma aperto alla stimolazione compulsiva.

Abbandonare in uno spazio espositivo è il giocare ad essere l’ospite che non ti aspetti, calcare la scena nella parte dell’inopportuno, dell’impertinente. E’ il mio modo di consumare questa esperienza non più da spettatrice passiva ma da consumatrice attiva dell’evento.

50 quadretti 10 cm x 15 esposti a forma di Venezia su fondo nero.
Esposizione dei cinquanta doni d’Arte prima dell’abbandono durante la collettiva EC0.2

I doni d’Arte ideati per questa occasione rappresentano cinquanta piccoli diorami, ognuno rappresenta una sorta di padiglione in miniatura in cui si consuma il rapporto etereo tra l’osservatore e la tela colorata che è allegoria dell’Arte contemporanea. Trovo interessante il ribaltamento delle dimensioni tra lo spettatore reale che osserva e la rappresentazione di sé stesso nel lavoro. E’ proprio in quell’aria che intercorre tra lo sguardo dell’osservatore rapito e la superficie vibrante dell’opera che si respira l’estasi artistica.
Tranne che per i collezionisti, l’Arte prevede un rapporto platonico: essa inebria ma non può essere toccata, avvicinata, profanata.  Nei doni d’Arte, invece, lo spazio spettatore-opera viene annullato: li si può possedere oltrepassando il limite universale di qualsiasi esposizione: “non toccare”.

L’ABBANDONO

I doni d’Arte non sono mai stati lasciati tra altre opere ma sempre nelle intercapedini di passaggio.
La morfologia dei Giardini della Biennale prevede che si passi e ripassi più volte dal medesimo punto. Nessun dono abbandonato è stato ritrovato nel passaggio successivo. E’ stato interessante percepire la predisposizione dei visitatori alla mia azione performativa. Ho l’illusione di aver affidato i doni a mani che hanno dimestichezza con i linguaggi del contemporaneo e forse in grado di tornare a stupirsi dell’arte anche grazie al mio lavoro.

Solo un pubblico consapevole sarà in grado di percepire il valore del momento in cui guardare si trasforma in vedere e la visione diventa esperienza: va in scena il rapporto d’amore tra spettatore ed opera d’arte.
In un gioco di rispecchiamenti lo spettatore si trova ad osservare una rappresentazione di sé stesso, prendendo coscienza del valore dell’azione che compie; il ritrovamento delle opere, abbandonate all’interno dell’Esposizione Internazionale della Biennale di Venezia darà vita ad un rapporto nuovo ed emozionale tra colui che trova e l’opera d’arte.

a cura di Erica Capozza redatto in occasione dell’esposizione EC0.2 organizzata da Caravaggio Contemporanea.

Cycling will save the world.

Allestimento della mostra dedicata ai doni d'arte sulle biciclette

Azione performativa
2013

in attesa di abbandono

” Si integra, alla struttura concettuale dell’opera, un invito diretto allo spettatore: guardare con occhi diversi, nuovi, alle pratiche più quotidiane del muoversi e dell’andare, vedere le possibilità al di là delle distanze.”*

testo a cura di Erica Capozza redatto in occasione dell’esposizione Distanze Possibili organizzata da Caravaggio Contemporanea.
Allestimento della mostra dedicata ai doni d'arte sulle biciclette

Doni d’arte postali

Una mano mette il ritratto di un uomo fatto su una cartolina nella cassetta della posta

Azione performativa
2012
in attesa di abbandono

Visione d'insieme di 50 cartoline, opera d'arte di Stefania Bressani chiamata doni d'arte postali
Le prime 50 cartoline esposte in occasione di EC0.1 , mostra d’arte contemporanea.

“una serie di cartoline postali dipinte il cui destino ultimo è quello di essere spedite a destinatari anonimi. L’emozione e lo stupore che immaginiamo investiranno il destinatario casuale nel momento in cui le riceverà sono elemento fondante del ciclo dei doni, momento in cui l’opera raggiunge il suo pieno potenziale espressivo, vissuta ed esperita nella totalità del suo portato immaginifico.”*

* testo iniziale a cura di Erica Capozza redatto in occasione dell’esposizione EC0.1 organizzata da Caravaggio Contemporanea.
una mano spedisce una cartolina con il ritratto di un uomo dipinto sopra